Zazà Ramen non è solo un ristorante giapponese ma, come piace a noi, una sintesi tra culture differenti che si manifestano anche nel design e nelle opere d’arte periodicamente esposta nel locale milanese.
Una scelta che parte dal principio: Zazà è il soprannome – nella versione italiana di Lupin III – dell’ispettore Zenigata che spesso si vede intento a mangiare Ramen. Un prodotto popolare giapponese proposto dunque con una punta di ironia al pubblico italiano.



Esiste un fil rouge che accomuna arte e cibo, ovvero quello della creatività, che attraverso i gesti trasforma l’idea in sostanza. Così accade che lo Zazà Ramen di via Solferino diventi il crocevia di interessanti sperimentazioni artistiche. Dopo un primo ciclo di wall painting commissionato a David Tremlett ora e il turno dell’artista olandese Kees de Goede che aggiunge un sapore nordico al locale e che si ricollega alle origini di uno dei due proprietari. Il ciclo di tre opere, intitolato Mental Space (2014) gioca su di: “una inconsapevole assonanza, che crea legami inediti tra culture mai così diverse e lontane. Da un lato quella europea e occidentale, che nel riferirsi all’inglese come lingua universale trova in soot il termine per indicare la fuliggine. Dall’altro quella giapponese che si riferisce allo stesso concetto con la parola su-su. Un’eufonia quasi perfetta diventa occasione per nuove sperimentazione nel campo dell’arte.” I lavori sono dei grandi tondi colorati che l’artista decora infine con il fumo di una candela, posizionandoli capovolti su cavalletti per riuscire a lasciare le tracce di fumo nero.
Anche la progettazione dello spazio, affidato allo studio Vudafieri Saverino Partners rispecchia con originalità la personalità del locale e contribuisce a rafforzarne il messaggio.




I due ideatori di Zazà Ramen sono uno chef di fama internazionale e un imprenditore giapponese che hanno trovato nell’Italia la loro patria d’elezione: il primo, Brendan Becht, nasce in Olanda da una famiglia di collezionisti d’arte contemporanea, inizia giovanissimo la sua carriera a Londra, al Connaught Hotel sotto la guida di Michel Bourdin, quindi si sposta a Parigi dove lavora con Pierre Hermé al Fauchon e poi con Alain Senderens al Lucas Carton, per poi approdare a Milano da Gualtiero Marchesi prima di specializzarsi in aperture di ristoranti italiani in Giappone; poi Kevin Ageishi, imprenditore giapponese di Niigata che da 20 anni in Italia si occupa di moda ed è responsabile della parte finanziaria del progetto.