La mostra INNER SPACE di Clara Luiselli (13 novembre 2021 – 16 gennaio 2022) è un incontro tra elementi naturali e luce, a volte svelata da trasparenze, altre dal riverbero dell’oro o ancora da sorgenti luminose. INNER SPACE è accompagnata dagli interventi sonori di Giuseppe Jos Olivini. Questa esibizione idealmente unisce le due anime dello spazio in cui è accolta, Nellimya Arthouse da anni – precisamente dal 2005 – si adopera per far conoscere la Light art e gli artisti che l’hanno scelta come mezzo espressivo e, dal 2020 è sede sociale dell’associazione culturale Aranno LandArt che, come suggerito dal nome, promuove l’arte della natura, nella natura.
Clara Luiselli, INNER SPACE. Exhibition view, Nellimya Arthouse. © Foto dell’artista
Segue l’intervista con gli artisti.
Esplorando i confini tra naturale e alterato, tra creato e ricreato, i tuoi progetti riprendono elementi naturali, per poi trasformarsi con il tuo esercizio estetico, in opere. Puoi parlarci delle serie Clonazioni e Into the Two che hai scelto di esporre in mostra?
Clara: Clonazioni e Into the two sono una serie di opere che appartengono a due periodi differenti della mia ricerca.
La prima versione di Clonazioni risale a molti anni fa, il desiderio è ora come allora quello di dare valore e visibilità a ciò che si trova “dentro” le cose. Per questo ho lavorato a partire dal seme, un seme vero, non artificiale, che porta in sé l’idea di una vita in potenza.
La forma che lo accoglie, lo protegge, lo cristallizza è quella di un frutto, esattamente identica a quella che conteneva il seme ora visibile attraverso la resina. Una sorta di memoria, di impronta resistente al tempo che scorre.
Il frutto di resina diviene involucro protettivo, ma anche amplificatore della forma di vita contenuta all’interno, perché agisce come una lente. Contemporaneamente è corpo capace di captare la luce naturale e artificiale e di produrre degli effetti luministici di grande fascino. Credo che l’opera sia in grado di offrire una sorta di cortocircuito visivo, concettuale.
Natura e artificio si fondono in un tutt’uno e generano una nuova realtà difficile da catalogare. Trovo interessante lavorare attorno a ciò che scardina le nostre certezze, mi fa avvicinare a quella zona dell’esistenza che vedo come “il mistero”, quella parte così difficile da definire ma della quale percepisco l’esistenza.
Into the Two è un progetto scultoreo nato ad hoc per questa occasione espositiva e che potrei definire la naturale prosecuzione del progetto precedente. Anche qui le forme esposte sono composte da una parte naturale connessa in modo inscindibile al suo doppio che è costituito da calchi in gesso rivestiti da foglia oro.
Le sculture esposte sono state generate da conchiglie, teschi animali, pietre, legni, tutti trovati in natura.
Ho scelto strutture solide con una cavità entro la quale poter nascondere una piccola “anima risonante”. Questa volta la zona interna non è visibile, ma esiste e la si può percepire se la scultura viene mossa lievemente.
Clara Luiselli, Clonazioni, 17 pezzi, resina, semi e pietra, ø 8/10 cm. © Foto dell’artista
Clara Luiselli, Clonazioni, 17 pezzi, resina, semi e pietra, ø 8/10 cm. © Foto dell’artista
Come si inserisce l’elemento luminoso nelle tue opere?
Clara: la luce è un elemento essenziale, del quale non posso fare a meno, che è parte integrante della mia ricerca. In alcune occasioni si tratta di una luminosità che appartiene all’opera stessa come nel caso di Sguardi Effimeri o Specie di Spazi, in altri casi la luce è quella che arriva da fuori, naturale o artificiale e che attraversando il lavoro lo trasforma e lo rende vivo.
Quando la luce è prodotta dall’opera è sempre lieve, appena accennata, la immagino come una fonte di attrazione per lo sguardo di chi osserva, un po’ come una lucciola che genera un bagliore nell’oscurità, non deve essere troppo appariscente.
La associo all’idea di desiderio e di sorpresa.
Quando realizzo un lavoro, mi soffermo ad esplorarlo sotto diverse “luci”, ho bisogno che sia in grado di cambiare e di offrire differenti opportunità di incontro con l’altro. La luce è anche l’immateriale, il sacro, il luogo della conoscenza, ma anche dell’inspiegabile.
Come hai scelto le opere per questa mostra?
Clara: l’intenzione è stata quella di immaginare un percorso che mettesse in risalto la relazione tra dentro e fuori, sia su un piano strettamente fisico, che di senso.
In ciascuna delle opere presentate c’è un “fuori”, una superficie, che può essere attraversata per raggiungere un altro spazio, diverso, interno. Mi hanno sempre affascinata le soglie.
Tutti questi lavori mettono in rilievo quello spazio che generalmente chiamiamo confine e sul quale spesso indugio per meglio comprenderne il significato.
Sono interessata a conoscere il punto e il momento del passaggio.
Cosa ci fa decidere di passare da una parte all’altra?
Osservo che spesso gli animali non amano le porte chiuse, desiderano avere l’opportunità di spaziare tra dentro e fuori.
Spaziare.
Che bella parola.
La sento vicina a quanto esposto in mostra.
L’altro tema ricorrente è quello della dimensione “domestica”, desideravo portare opere che in qualche modo parlassero di ciò che è intimo e prezioso e semplice.
Clara Luiselli, Into the Two, 8 pezzi, sculture mixed media, 10/45 cm. © Foto dell’artista
Clara Luiselli, Into the Two, 8 pezzi, sculture mixed media, 10/45 cm. © Foto dell’artista
Clara Luiselli, Into the Two, 8 pezzi, sculture mixed media, 10/45 cm. © Foto dell’artista
Le opere allestite in mostra richiedono un coinvolgimento dello spettatore che per fruirle al meglio è spinto ad adattarsi al loro “punto di vista” generando così un’opera aperta, ovvero un attimo che vive della relazione tra le opere e chi le osserva. Quant’e importante il ruolo attivo del pubblico nelle tue esposizioni?
Clara: mi piace pensare che per ogni incontro sia necessario, almeno in una piccola parte, mettersi in gioco.
I miei lavori non si accontentano di essere guardati, richiedono spesso un piccolo impegno da parte di chi si trova di fronte a loro, può essere semplicemente cambiare fisicamente il punto di osservazione.
Torno a pensare agli animali, normalmente non si concedono tanto facilmente, hanno la necessità di instaurare una forma di fiducia che prevede un tempo non breve di conoscenza e costruzione di una relazione.
Così è per la mia opera.
Clara Luiselli, Sguardi Effimeri, installazione site specific, mixed media. © Foto dell’artista
La mostra INNER SPACE è stata inaugurata nel medesimo giorno del completamento dell’opera I’m Here realizzata in collaborazione con Giuseppe Jos Olivini per il primo Vitart_Parcours di Aranno LandArt: un sentiero accessibile tutto l’anno disseminato di opere di Land art e stazioni di rilassamento nel bosco.
Vi va di parlarci di questo lavoro?
Clara: I’m Here è un progetto che vede qui ad Aranno la sua seconda versione. La prima ha preso vita in un luogo vicino casa (alle porte di Bergamo), nei pressi di una cava abbandonata, dove un grande masso campeggia in uno spazio che pare quasi una superficie lunare.
L’opera si compone di due parti, una visibile e l’altra sonora.
Ad Aranno abbiamo preso in considerazione un luogo piuttosto appartato e affascinante del sentiero, vicino ad un piccolo corso d’acqua.
Sulla superficie di una zona rocciosa sono state incise delle tracce che suggeriscono l’idea di una mappa sorta da forme vegetali.
Entro i solchi tracciati viene posta dalla foglia oro, materiale allo stesso tempo prezioso e capace di captare la luce solare che si insinua nella vegetazione.
Il disegno nasce da una ricerca grafica che mette in relazione tracce di mappe di città antiche con alcune specie arboree fotografate nei primi giorni di residenza ad Aranno.
Mi interessava sottolineare la corrispondenza tra il micro e il macro, tra ciò che appartiene al qui e ora (i fiori fotografati sul posto) e ciò che racconta invece di un tempo esteso, durevole.
Desidero dare valore alla dimensione apparentemente effimera degli cose, accorgermi di come ogni minuscolo evento lasci una traccia profonda e “necessaria” del suo passaggio.
Per questo le diverse essenze arboree sono state il punto di partenza di questa indagine che ha poi toccato uno spazio più ampio.
La prima parte del lavoro vede la produzione di disegni che vengono estrapolati delle immagini sopra descritte; i quali una volta sovrapposti gli uni agli altri rivelano le corrispondenze e costituiscono la base grafica che andrà poi incisa sulla pietra.
Questo per quanto concerne la parte visibile dell’opera.
La parte sonora realizzata da Jos si stratifica a partire dal medesimo immaginario.
Per noi è importante sottolineare attraverso la traccia audio come l’opera inizi con il mettersi in cammino (i visitatori sono invitati ad iniziare l’ascolto prima di raggiungere l’area con l’incisione) e continua anche in un tempo successivo.
La parola TRACCIA è perfetta, parla si segni, suoni e memoria.
Jos: l’idea di un secondo capitolo di I’m here mi ha stimolato da subito. Nella prima versione di questo progetto, per la parte di composizione sonora mi ero mosso in maniera quasi istintiva, procedendo per tentativi su strade che via via andavo scartando o confermando alla ricerca di un “metodo” che ritenessi avesse un senso. Giunto al compimento del lavoro, nel riordinare appunti, idee, registrazioni, spartiti mi sono reso conto che in qualche modo avevo dei segnavia per eventuali nuovi viaggi.
Arrivata da Aranno LandArt e da Nellimya Arthouse la proposta di realizzare una nuova opera ho vissuto la felicità di “preparare la valigia” per un nuovo viaggio, sapendo che quello che portavo con me ci avrebbe condotti nel cuore di una avventura nuova. Nuove terre e nuovi occhi.
Clara Luiselli, I’m Here, installazione site specific. © Foto Giuseppe Jos Olivini
Clara Luiselli, I’m Here, installazione site specific. © Foto Giuseppe Jos Olivini
Clara Luiselli, I’m Here, installazione site specific. © Foto Giuseppe Jos Olivini
Ci potete raccontare come l’esperienza viene amplificata e cadenzata dalla traccia musicale creata da Giuseppe Jos Olivini?
Jos: può sembrare di sentire profumo di sinestesia quando ci si trova di fronte a un’operazione che prova a rendere con i suoni un “oggetto” visivo. O si può correre col pensiero alla musica a programma e, viaggiando, navigare fino alle colonne… sonore.
Per il progetto I’m here con Clara Luiselli il tentativo è stato quello di sperimentare un percorso posando un piede sul terreno (ruvido) del raziocinio matematico-geometrico e l’altro su quello (scivoloso) dell’emozione intuitiva.
In questo lavoro la componente di scrittura musicale “razionale” si fonda su legami diretti con le misure spaziali della superficie scelta per l’opera visiva (la roccia), i disegni scelti come tracce che saranno poi incise e segnate con l’oro (le mappe, i fiori) e sulla trasformazione di tali “dimensioni” in valori temporali, trasferibili ai parametri del suono, altezze e durate.
Il processo ha previsto una fase di acquisizione di immagini (fotografie e disegni), la loro analisi e riscrittura prima su carta millimetrata e poi pentagrammata. Mettendo in evidenzia la componente geometrica degli elementi visivi (in forma di punti e segmenti) è possibile individuare coordinate pronte a divenire rappresentazioni grafiche in partitura di eventi sonori ai quali poi dare sostanza acustica.
Precedenti illustri in questa direzione si trovano nei lavori di Cage e Xenakis, per citare solo due giganti.
Una volta acquisito il materiale sotto forma di altezze e durate e realizzate le partiture, la fase successiva prevede la strutturazione della macroforma del brano: qui mi piace far intervenire logiche matematiche, riferimenti numerici e proporzioni, affinché l’architettura temporale della composizione sia resa coerente da legami impercepibili all’ascolto.
Sul versante opposto e per me complementare, l’esplorazione è svolta nell’ambito dell’accoglienza di eventi sonori, geofonie e biofonie soprattutto, che circondano il luogo fisico scelto per il lavoro visivo di Clara Luiselli. La registrazione del paesaggio “musicale”, includendo in esso i suoni del bosco, il vento, l’acqua che scorre, gli scricchiolii delle foglie, il canto della variegata avifauna, vanno a formare quello che Schaffer chiamava soundscape, nelle sue componenti fondamentali: toniche, segnali e impronte sonore.
Questa musica del luogo sarà la tela sulla quale andrà a ricamarsi il macrodisegno composto a tavolino, a fissare il quale, nelle sue ricorrenze colotomiche, concorrerà la componente più personale, istintiva e intuitiva del lavoro di scrittura. Le brevi punteggiature frutto di improvvisazioni sono affidate a strumenti “caldi” quali l’hang, il salterio a pizzico, l’hulusi, il metallofono che marcano i ritorni ciclici dei “temi” affidati al pianoforte e ai suoni di sintesi.
Senza cadere in un rigido, inflessibile (e arido) iperdeterminismo e evitando al contempo il rischio di abbandonarsi a un autocompiacimento autoriale che sa spesso di egocentrismo provo, in questi lavori compositivi a rimanere in bilico tra due mondi opposti.
L’equilibrio è labile. Il crinale, sottile.
Mi piace pensare a un piccolo tempio le cui geometrie sono rese invisibili da un abito vegetale che respira.
L’edera che abbraccia la pietra.
Giuseppe Jos Olivini, I’m Here, stesura della traccia musicale. © Foto Clara Luiselli
Ultima domanda un pò’ di rito, progetti in corso che prenderanno forma a breve, magari a Milano? Ci accennate qualcosa?
Clara e Jos: Per ora ci sono alcune possibilità nell’aria ma che ancora non hanno trovato una forma definita, per questo lascio uno spazio d’apertura attorno a questa domanda.
Se vorrete seguirci sui nostri siti troverete le informazioni non appena si faranno più concrete.
claraluiselli.weebly.com
giuseppejosolivini.weebly.com
Clara Luiselli (Bergamo, 1975) ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Bergamo e seguito le residenze presso la Fondazione Ratti, la Fondazione Spinola Banna per l’Arte Contemporanea, Fabrica di Catena di Villorba.
Nel 2021 ha vinto il bando Dynamic Natural Connection di Artist in Nature International Network, nel 2017 vince il premio Open 2017 per Pergine Spettacolo Aperto, nel 2015 viene selezionata nella fase finale per il bando Twocalls di Dolomiti Contemporanee, nel 2010 vince il premio “testa in aria piedi per terra” di Vicenza, nel 2001 vince 1° premio Targetti Art Light, sezione “quadri di luce”.
Sue opere sono state esposte al Chelsea Art Museum di New York, al MAK di Vienna, alla GAMeC di Bergamo, alla GAM di Genova, al Museo delle Culture del Mondo di Genova, a BACO; ha preso alla Biennale di Venezia Padiglione Italia/ Accademie, alla Biennale dei Giovani Artisti d’Europa e del Mediterraneo di Roma e Sarajevo, al concorso internazionale di Giovane Scultura presso la Fondazione Pomodoro.
Indagatrice degli infiniti rapporti relazionali tra individuo e spazio, attenta osservatrice delle dinamiche sociali, lavora attraverso la produzione di installazioni site-specific e performance.
Il suo fare artistico è impegnato in una ricerca di compenetrazione tra opera e fruitore e si origina dallo studio di piccoli eventi, accadimenti della realtà quotidiana spesso ignorati per la loro apparente insignificanza. Le riflessioni che costantemente affiorano nel suo lavoro ruotano intorno ai temi della precarietà, della mutazione, della fragilità dell’esistenza, della necessità di preservarla, e nello stesso tempo intorno alla forza dell’essenza spesso imprigionata e, per paura, non rivelata. L’opera per essere conosciuta deve essere vissuta ecco allora che allo spettatore non viene chiesto di contemplarla ma di esperirla, di essere il co-protagonista della sua mutazione.
Giuseppe Jos Olivini pianista e polistrumentista, ha viaggiato i territori della musica antica arrivando sino a quella contemporanea. Lavora fra e con i suoni, esplorandone i mondi attraverso strumenti di svariate epoche e provenienze geografiche. Interessato al ruolo della musica nel teatro e nella performance collabora con diverse compagnie e ensemble suonando dal vivo in spettacoli o curandone le sonorizzazioni.
Tra gli altri ha collaborato con Lux Vivens, Musicamorfosi, Studio Azzurro, Yugen, The Pirate Ship, Teatro Minimo, Respirocobalto, Enten Hitti. Teatro Caverna, suonando per RAI Radio3, Radio Popolare, al PAC di Milano, GAM di Torino, Accademia Carrara di Bergamo e in molte altre sedi.