A Milano è facile imbattersi in luoghi dal fascino antico, mete insolite da scoprire per chi magari vive a Milano da molto, ma ha ancora tanto da conoscere della sua città.
Uno dei posti che vi consigliamo di visitare è Sant’Ambrogio ad Nemus, una chiesa che si trova in Via Peschiera 2-6, vicino all’Arco della Pace. La chiesa è stata completamente ristrutturata, ma mostra tutti i segni della sua lunga storia.
Rilievo di epoca romanica nel chiostro di Sant’Ambrogio ad Nemus. (Foto: Francesca Viganò)
L’origine del nome è legata alla zona boschiva, nemus in latino, che si trovava vicina alle mura di Milano in epoca romana. Il primo convento sarebbe sorto nel IV secolo d. C, quando una comunità di monaci eremiti dedicarono l’area a Sant’Ambrogio. La leggenda vuole che San Martino di Tours, cacciato da Milano per volontà del vescovo ariano Assenzio nel 358, si fosse rifugiato in quest’area.
Sopravvissuto alle invasioni barbariche, nel corso dei secoli XIII e XIV il piccolo convento acquistò sempre più importanza, diventando la sede dell’ordine religioso dei Frati di Sant’Ambrogio ad Nemus. In seguito al riconoscimento da parte del Papa Gregorio XI, nel 1377 si ebbe un primo rinnovamento della chiesa. Il successivo ebbe luogo nel 1495 per ordine di Ludovico Sforza, che commissionò per l’altare maggiore la Pala Sforzesca.
In epoca napoleonica la chiesa fu requisita e trasformata in fabbrica di cartucce e deposito di munizioni. Furono distrutti gli altari e il pavimento e scrostati gli intonaci fino a due metri di altezza.
Le opere d’arte custodite nella chiesa presero la via della Francia, con la sola eccezione della Pala Sforzesca, che possiamo ancora oggi ammirare a Brera.
Ignoto, Pala Sforzesca. Foto courtesy of Pinacoteca di Brera
Nel 1857 la chiesa passò a Don Luigi Guanella, canonico di Como, il quale acquistò l’intero complesso per destinarlo ad opere benefiche e previdenziali per i bambini e gli ammalati, l’edificio divenne così sede del Piccolo Cottolengo milanese.
Nel 1894 la Fondazione Don Guanella incarica l’architetto Ulisse Stacchini di ampliare la struttura, portandola dalle sei, alle attuali nove campate. In questa occasione fu rifatta anche la facciata, che però mutò poi ancora un’ultima volta nel 1928, quando venne rifatta in uno stile che voleva emulare quello quattrocentesco.
Ulisse Stacchini, navata principale. (Foto: Francesca Viganò)
La chiesa attuale conserva l’iconografia delle basiliche minori romane: l’emiciclo dell’abside con il suo arco reale e la volta di cotto a crociera, costituiscono un raro esempio dei secoli IV e V. La navata unica anticamente era molto più bassa, anche il campanile si presenta come opera costruita nel medioevo, in puro stile romanico, sulla fine del secolo X o in principio del XI.
Le riparazioni compiute dopo la caduta del soffitto nel 1635, furono tali da snaturare l’edificio originale, tuttavia sono state fortunatamente conservate le linee perimetriche. Fu innalzato il pavimento del presbiterio e del coro, e fu elevato di circa 2 m il muro sulle pareti. L’antichità e le vicende subite da questa storica chiesa sono dimostrate, fra l’altro, dall’asse del presbiterio il quale non è in linea retta con quello della nave, ma ripiega alquanto obliquamente verso destra. L’abside con l’arco e la volta a crociera in cotto e struttura a spicchi, molto più bassa rispetto a quella della navata principale, ospita affreschi del 1619 che, attraverso 10 riquadri, narrano episodi della vita di San Matroniano eremita e del ritrovamento del suo corpo. Il campanile in stile romanico risale alla fine del secolo X, inizi del XI.
Gli interni comprendono un’unica navata, in stile liberty, dove predominano colori pastello, molto chiari e poco contrastati, con decorazioni composte da linee sottili unite a formare motivi geometrici. Curioso il soffitto piatto che si raccorda con le pareti in modo da non creare spigoli.
Presbiterio con decorazioni liberty (Foto Francesca Viganò)
La decorazione in stile floreale e la campata unica nel suo genere, sono opera di Ulisse Stacchini, insieme al progetto di ampliamento della chiesa. L’architetto fiorentino, molto attivo a Milano con i disegni delle case Donzelli sulle vie Tasso e Revere, diverrà famoso, di lì a poco per aver progettato la Stazione Centrale.
Nel presbiterio, anch’esso liberty, la pala dell’altare maggiore, raffigurante la Madonna della Provvidenza con i santi Ambrogio e Carlo, è un recente lavoro di Costantino Grondona (1891 – 1939).
Chiostro Sant’Ambrogio ad Nemus (Foto Francesca Viganò)
Dalla chiesa è possibile accedere al chiostro trecentesco alla sua destra, caratterizzato da colonne in granito e da archi a sesto acuto originali su tre lati.