DI ELIANA VERBINI
Negli anni Cinquanta dello scorso secolo, il mondo intellettuale parigino sembra vivere una corsa al “nouveau”, nuovo: il cinema conosce la Nouvelle Vague di Godard e Truffaut, nell’arte si assiste alla nascita del Nouveau Réalisme e al fruttuoso sodalizio di Restany con l’italiano Le Noci, e tra i letterati vede la luce il gruppo che risponde al nome di Nouveau Roman: nel 1953 Editions de Minuit pubblica Les Gommes di Alain Robbe-Grillet, romanzo che apre la strada, poi, agli scritti di Nathalie Sarraut, Marguerite Duras, Michel Butor, Claude Simon.
Più che di una corrente letteraria propriamente detta, si tratta di un gruppo di scrittori che condividono assunti teorici comuni, sintetizzabili nella volontà di rispondere al romanzo esistenzialista nonché alla cosiddetta letteratura del messaggio, che vede l’autore porsi nella posizione di dare una lezione al lettore. Il Nouveau Roman mette in discussione le nozioni stesse di trama e di personaggio, rifiutandone la centralità: non si tratta più di raccontare una storia o di offrire al lettore protagonisti cui affezionarsi o distaccarsi, al contrario, il primato spetta all’oggetto, e l’azione altro non è che una potenziale distrazione; a conseguenza di ciò anche il tempo viene utilizzato in maniera differente: alla consueta consecutio si sovrappongono le dimensioni di sogno, ricordo e realtà, così come si presentano nella vita reale.
Parallelamente, il nouveau romancier smette di porsi come l’autorità che veicola una morale tramite la narrazione, poiché presentare situazioni slegate da trama e personaggio, spesso reiterando identiche scene, offre spunti di riflessione che portano colui che legge a fruire attivamente del romanzo, educandolo così al pensiero critico. In quest’ottica, l’autore non utilizza più la narrativa per sostenere o confutare una tesi (sia essa di natura filosofica, storica, o politica) ma introduce nei suoi scritti una dimensione di ricerca per la quale il romanzo smette di essere mero mezzo di diffusione, per diventare un punto di partenza.
Tali posizioni si trovano, nel Nouveau Roman, in maniera variabile a seconda dell’autore e del testo: non si tratta quindi di caratteristiche nette e ricorrenti, bensì sfumate e utilizzate all’uopo in ciascuna opera, spesso mescolate agli elementi più classici della narrativa, per meglio adattarsi all’intento di ricerca del romanziere e all’argomento affrontato. Sempre, però, con lo sforzo di limitare al massimo la sovranità dell’autore e la sua ingerenza sul lettore.
Va detto, comunque, che, essendo i nouveaux romanciers un gruppo di scrittori che non intende imporsi come movimento, il Nouveau Roman assimila la necessità di rinnovamento e gli spunti che arrivano anche dall’estero (dai lavori di Joyce, Borges, Kafka) e dal cinema coevo per distaccarsi dal romanzo nelle sue forme tradizionali, senza però rigettare né l’esistenzialismo cui si contrappone, né la produzione letteraria antecedente; questa è la ragione per cui lo scontro fra gli autori del gruppo e quelli più tradizionalisti non è mai stato così brutale.