Francesca Saverio Cabrini (1850 – 1917) fu una religiosa cattolica di origine lombarda che divenuta missionaria, raggiunse gli Stati Uniti d’America per offrire assistenza agli immigrati italo americani durante l’apice del fenomeno migratorio. In seguito all’inedito successo del suo istituto delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, divenne cittadina americana e venne proclamata la prima santa cattolica statunitense, patrona degli emigranti.
Fino a poco tempo fa era conosciuta e studiata esclusivamente nel contesto puramente ecclesiastico, oggi la sua imponente esperienza umana viene reinterpretata, in particolar modo da studiose americane di genere che nella Cabrini vedono una donna forte e indipendente dei suoi tempi che fondò e gestì un’organizzazione presente in tre continenti, quasi una femminista cattolica avant la lettre.
Mario Botta, Memoriale Francesca Cabrini, piazza Duca d’Aosta, Milano, 2021, foto Alessia Ballabio, yourownguide.com
Nel novembre 2010 le viene intitolata la stazione di Milano Centrale, occasione in cui è installato il memoriale, un tetraedro luminoso, di circa 7 metri per lato sospeso ad 1 metro dal soffitto, ideato dallo studio del celebre architetto Mario Botta. L’opera celebra la santa patrona degli emigranti e pende dalla Galleria delle Carrozze nella stazione, disegnando una piramide vuota rovesciata costituita da un tubo d’acciaio sul quale sono inseriti elementi fluorescenti per l’illuminazione. Le sue linee sono minimal e il risultato è imponente, visibile non solo dalla piazza Duca d’Aosta, davanti alla stazione, ma dalle vie vicine e centralmente, anche in lontananza dal fondo di via Vittor Pisani. Un punto luminoso che “vuol fare da ponte tra la stazione e la città”.
Il memoriale Francesca Cabrini, realizzato dall’architetto svizzero Mario Botta, rappresenta forse il primo monumento, in ordine di tempo, di tutta Milano dedicato a una donna (e se così non fosse, speriamo di essere smentite!).
Madre Cabrini, nata nel piccolo centro lombardo di Sant’Angelo Lodigiano nel 1850, cugina del famoso leader della sinistra storica Agostino Depretis, all’età di trent’anni diventa, di propria iniziativa, fondatrice di un istituto religioso (le Missionarie del Sacro Cuore di Gesù). Quella di madre Cabrini rimane una storia tutta americana, quella di un’umile religiosa italiana arrivata a New York nel 1889, accompagnata da soltanto sei suore, per poi diventare una “madre” di milioni di immigrati italiani in America. Pertanto la sua affascinante vicenda di donna, religiosa italiana, migrante e “femminista cattolica”, merita di essere analizzata sul serio nell’ambito delle scienze storiche, sociali e culturali.
Mario Botta, Memoriale Francesca Cabrini, piazza Duca d’Aosta, Milano, 2021, foto Alessia Ballabio, yourownguide.com
☞ Per chi vuole approfondire
Partiamo dalle origini, per meglio comprendere la sua storia
Nata ultima di dodici figli (tra cui solo quattro sopravvissuti) e di salute fragile, fin da giovane le pare naturale la via della vita consacrata che spesso è una scelta consueta per le donne del suo modesto ceto sociale alla fine dell’Ottocento.
Attraverso la lettura della stampa cattolica dell’epoca – forse l’unica fonte di informazione attendibile e soprattutto accessibile nel piccolo mondo provinciale della sua quotidianità – la ragazza si interessa all’aspetto missionario del cattolicesimo e in modo particolare all’opera di Francesco Saverio, gesuita cinquecentesco (da qui il nome). Si prefigge dunque l’obiettivo di seguirne le orme recandosi in Cina come missionaria, progetto all’epoca esclusivamente al maschile.
I limitati mezzi economici della sua famiglia però non le consentiranno di entrare da subito in un istituto religioso, Francesca si dedica inizialmente all’insegnamento. Divenuta successivamente suora, nel 1880 Madre Francesca Saverio assume il ruolo di leader di un ristrettissimo gruppo di donne delle sue stesse condizioni sociali, gruppo che diverrà il suo primo ordine religioso, missionario e tutto al femminile (primo in Italia e secondo nella chiesa mondiale).
Mario Botta, Memoriale Francesca Cabrini, piazza Duca d’Aosta, Milano, 2021, foto Valeria Corbetta, yourownguide.com
La missione in America
L’invito a recarsi in America per assistere i migranti italiani le viene fatto da papa Leone XIII. L’editore del Progresso Italo-Americano, osserva nel 1889 che gli italiani “erano odiati, trattati come animali, perseguitati peggio dei neri […] Sfruttati economicamente e moralmente da altri italiani e da protestanti”. Si trattava di un problema spesso definito nelle fonti come “il sistema dei padroni” o addirittura “Italian slave trade”, cioè lo sfruttamento dei nuovi immigrati da parte dei compaesani stabilitisi oramai da tempo. Gli italiani vengono anche presi di mira dal generale pregiudizio anticattolico dell’epoca che vedeva la Chiesa romana come struttura feudale e oscurantista, quindi inconciliabile con lo spirito liberale individualista della democrazia statunitense.
In una lettera del 1906: “Poveri emigrati! Sfruttati tante volte da coloro che si atteggiano a loro protettori […]! Li vedevo nel mio viaggio questi cari connazionali, […] per anni separati delle loro famiglie; lontani dalla Chiesa, privi delle sante gioie che nelle nostre campagne il povero contadino ha almeno la domenica […]. Qui al lavoratore italiano sono riservati i lavori più pesanti. Di quante gioie si priva colui che abbandona la nostra patria per venire in queste terre forestieri, senza chi lo guidi sulla strada verso il benessere, il quale non consiste solamente in raggranellare un gruzzolo che tante volte per infortuni sopraggiunti nemmen si gode.”
La missione successivamente assume dimensioni e obiettivi inaspettati, ad esempio, dall’esperienza diretta come mediatrice interculturale Cabrini osserva quante difficoltà vi siano nella comunicazione tra i pazienti italiani e il personale medico americano. Da qui nasce la presunzione (e il sogno) di dover gestire un proprio ospedale italiano – riuscendoci! – che divenne il Columbus Hospital, reso accessibile e gratuito agli immigrati italiani.
Mario Botta, Memoriale Francesca Cabrini, piazza Duca d’Aosta, Milano, 2021, foto Valeria Corbetta, yourownguide.com
Mario Botta, Memoriale Francesca Cabrini, Piazza Duca d’Aosta, Milano, 2021, foto Valeria Corbetta, yourownguide.com
Mario Botta, Memoriale Francesca Cabrini, piazza Duca d’Aosta, Milano, 2021, foto Valeria Corbetta, yourownguide.com
Un continuo viaggiare
Presto le opere di Madre Cabrini attraversano i confini della città e dello stato di New York per coprire quasi tutto il territorio federale accompagnando la quotidianità degli immigrati italiani in molteplici contesti locali.
Nell’arco di vent’anni i suoi istituti si moltiplicano in tutto il territorio, dagli stati di New York, New Jersey a Pennsylvania, Louisiana, Mississippi, Illinois, Colorado, Washington e California e non v’è da stupirsi se Madre Cabrini è anche considerata una delle più grandi viaggiatrici dell’epoca. Ai suoi viaggi nell’America del nord si aggiungono presto quelli in Argentina, Brasile e i frequenti ritorni in Italia, per cui secondo le stime fatte, compie almeno ventotto traversate atlantiche.
Mario Botta, Memoriale Francesca Cabrini, piazza Duca d’Aosta, Milano, 2021, foto Valeria Corbetta, yourownguide.com
Emancipazione femminile
Altra tematica da non tralasciare. Madre Cabrini decise di sfidare lo stereotipo di una donna infantile e sottomessa aggiungendo al suo progetto religioso una “forte carica emancipazionista”. Basti pensare che solo del 1919 è stata riconosciuta alle donne italiane (in Italia) la capacità giuridica di gestire il proprio patrimonio mentre lei e le sue suore, in America, amministravano senza paura somme ingenti e decidevano investimenti importanti. Si può rilevare dalla documentazione finanziaria dell’istituto come la fondatrice delle Missionarie del Sacro Cuore godeva di un’assoluta autonomia economica, lasciando non poca libertà d’azione anche alle madri nei molteplici contesti locali.
Madre Cabrini è stata considerata una “santa moderna” della sua epoca, non solo per il suo successo nel gestire e far crescere il patrimonio dell’istituto, per i suoi molteplici viaggi oppure per la capacità di proporre una strategia innovatrice per l’inserimento degli immigrati italiano nella società americana, bensì perché ci riuscì da donna in una società profondamente maschilista come quella a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento.
Mario Botta
Memoriale a Francesca Cabrini
Galleria delle Carrozze, stazione di Milano Centrale
➤ Piazza Duca d’Aosta