La ripetizione differente 1974/2014

Scade il 18 LUG 14

La Fondazione Marconi ripropone al pubblico una rassegna tenutasi quarant’anni fa negli spazi dello storico Studio Marconi di via Tadino, costituito nel 1965, dal titolo La ripetizione differente (tratto da un saggio del filosofo francese Gilles Deleuze) curata da Renato Barilli nel 1974 che fornì una prima elaborazione critica avanzata della “poetica della citazione” che viene considerata la più potente figura nell’era postmoderna.

” Il museo si è preso una rivincita ingrossandosi
a vista d’occhio e inghiottendo quanto,
fino a poco tempo fa, sembrava
potergli essere sottratto.”
(Renato Barilli,  La ripetizione differente, 1974)

Citare significa selezionare, decontestualizzare e ricollocare un’immagine, un pensiero, un oggetto distante dall’ambito in cui viene reinserito, attraverso un procedimento che instaura un rapporto intenzionale tra il nuovo contesto e il riferimento. L’arte si è sempre servita di modelli forniti dalla storia che l’ha preceduta, la differenza sta sostanzialmente nella mancata dichiarazione. Nel corso del XX secolo chi intende servirsi della citazione non “maschera”, invece, la fonte del proprio lavoro e incoraggia, anzi, lo spettatore ad essere consapevole dell’origine del proprio soggetto, attivando una comunicazione che parte da un orizzonte culturale condiviso. Il fruitore in questo modo è reso partecipe del procedimento che ha generato l’opera e questo gli permette di decifrarla, entrarvi in contatto e ricontestualizzarla, come un gioco che una volta risolto suscita una sensazione di “piacere” come definice lo stesso Saul Steinberg.

Svoltasi allo Studio Marconi di Milano, l’esposizione “La ripetizione differente” raccoglieva i lavori di artisti diversi che condividevano tutti,  secondo Barilli, la medesima impostazione concettuale: la consapevolezza di essere nella “situazione di fine corsa di chi è giunto al termine di un percorso oltre il quale non si può proseguire, almeno in senso lineare e mantenendo la  stessa logica di viaggio”. Una situazione generata essenzialmente da due motivi: da un lato, dal fatto che “le riserve del nuovo andavano via via assottigliandosi”, mentre dall’altro, la presenza dei “mass media che avevano abbattuto le barriere dello spazio e della geografia e contribuito in misura maggiore alla caduta di quelle del tempo e della storia rendendoci compresenti tutte le epoche e le maniere e le forme d’arte del passato”. La conclusione di Barilli fu “la possibilità di volgersi indietro” e “ricominciare il viaggio, compiere un altro giro riattraversando le tappe più conosciute”, presupponendo in questo modo  “la fine di una storia lineare e l’avvento di schemi di sviluppo ciclici”.

La mostra aveva quindi l’ambizione di rintracciare i segni di questo ritorno al passato, inserendoli nella realtà contemporanea, artisti come Enrico Baj, Valerio Adami, Emilio Tadini, Richard Hamilton, ovvero la squadra sostenuta proprio da Giorgio Marconi, vennero chiamati a giocare con il presente e il passato, con i nuovi media dell’epoca e reperti del passato, con i miti pop e i grandi classici, con mano leggera e dissacrante. A questo nucleo potevano essere accostati Eduardo Arroyo e Ugo Nespolo, ma anche lo spirito del ’68, con la sua dichiarazione della “morte  dell’arte”, insediato soprattutto nell’ambito dell’Arte povera, come dimostravano eloquentemente Giulio Paolini,  Luciano Fabro, Jannis Kounellis.  E nel medesimo spirito l’indagine poteva estendersi al tedesco Gerhard Richter, allo statunitense John Baldessari, a Bruno Di Bello, ai coniugi Anne e Patrick Poirier. I più giovani della compagnia, Salvo e Luigi Ontani, osavano già reintrodurre una splendente policromia, aprendo le porte ai fenomeni collaterali allora solo in germe come la Transavanguardia, i Nuovi-nuovi, gli Anacronisti. Allora a spalleggiarli c’erano solo i ritratti di immaginari personaggi di Giancarlo Croce, o le epidermidi tatuate di Plinio Martelli, o infine la pioggia di rose di Urs Lüthi.

Valerio Adami H. Matisse che lavora su un quaderno di disegni, 1966 Acrilici su tela, 200 x 300 cm Courtesy Fondazione Marconi © Valerio Adami, by SIAE 2014
Valerio Adami, H. Matisse che lavora su un quaderno di disegni, 1966,  Courtesy Fondazione Marconi © Valerio Adami, by SIAE 2014

In occasione dell’esposizione viene pubblicato il Quaderno della Fondazione n. 14, con un testo di  Renato Barilli, illustrato dalle opere degli artisti in mostra, e la riproduzione fotostatica della prima pubblicazione del 1974 dedicata dallo Studio Marconi alla “Ripetizione differente”.

I. BALZANI, La poetica della citazione. Roberto Barni tra gli anni sessanta e settanta: persistenze e mutazioni dell’iconografia

La ripetizione differente 1974/2014
Fondazione Marconi
Via Tadino 15, Milano
Ingresso gratuito
martedì – venerdì 10-13, 15-19
http://www.fondazionemarconi.org

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