Una città surreale è custodita in Umbria: la Scarzuola. Questa si trova in località Montegiove nel comune di Montegabbione adiacente al “convento” costruito da San Francesco con la scarza – la pianta palustre da cui deriva il nome del luogo – e nasce dall’estro dall’architetto Tomaso Buzzi che scelse questo come luogo perfetto per dar forma alla sua città ideale: un gioiello architettonico interamente in tufo che è la metafora perfetta di un viaggio mistico-esoterico attraverso la storia umana, nell’incessante ricerca della verità.
Veduta dell’anfiteatro, inizio del percorso guidato. Foto di Alessia Ballabio
Ma procediamo con ordine, la località è primariamente ben conosciuta per l’antico convento dove, secondo tradizione, avrebbe dimorato san Francesco d’Assisi. Citata dalle cronache medievali per essere quel luogo in cui, nel 1218, San Francesco costruì una capanna nel punto esatto in cui aveva piantato una rosa e un alloro e da cui era sgorgata miracolosamente una fontana. La capanna fu realizzata con una pianta palustre di nome Scarza, da cui deriverebbe il nome Scarzuola. Successivamente, per ricordare l’avvenimento, i conti di Marsciano vi fecero costruire una chiesa e un convento, entrambi affidati ai Frati Minori, che qui rimasero fino agli ultimi anni del Settecento. Ne presero poi possesso i marchesi Misciatelli di Orvieto.
Seminascosta, protetta dal verde e dagli sguardi indiscreti, la Scarzuola è luogo magico ed esoterico nel quale ci si immerge quasi per caso e da cui si esce non solo suggestionati, ma profondamente mutati
Dal 1958 al 1978, l’architetto Tomaso Buzzi progetta e costruisce, demolisce, ricostruisce qui, nella valletta dietro al convento, una grande scenografia teatrale che egli stesso definisce “un’antologia in pietra”, rimasta volontariamente incompiuta, che permette il recupero di esperienze visive del passato: da Villa Adriana a Villa d’Este (Tivoli) per la Rometta dell’architetto-archeologo Pirro Ligorio, i sette edifici nell’Acropoli (Partenone, Colosseo, Pantheon, Piramide, Torre dei Venti, Tempio di Vesta, la torre dell’orologio di Mantova); Bomarzo per l’effetto di gioco e meraviglia (barca, Pegaso, mostro). Solo in funzione teatrale sono pienamente legittimate le costruzioni fuori tempo, le false rovine, le città ideali. L’aggancio in tema di scenografia è quello di modelli rinascimentali di Andrea Palladio, Vincenzo Scamozzi e Sebastiano Serlio.
Dettagli architettonici. Foto Alessia Ballabio
Il complesso si sviluppa dentro una spirale formata dai pergolati. All’interno di questi vi è un asse verticale che dalla statua scheletrica del Pegaso, attraverso un sistema di terrazzamenti, conduce a un anfiteatro, gradualmente al teatro agnostico, al teatro erboso, per finire alla torre colonna rotta e a un asse orizzontale delimitato a sinistra dal teatro delle api, al centro dal palcoscenico con labirinto musicale e a destra dalla città Buzziana con al culmine l’Acropoli. Una contraddittoria relazione di tipo iniziatico viene a stabilirsi tra l’antico convento e le intellettualistiche fabbriche del teatro, sovraccariche di simboli e segreti, di riferimenti e di citazioni: dalle allusioni a divinità sia pagane sia cristiane, ai ricordi delle Ville di Plinio, al “AB OLIMPO” di Montagna, al Hypnerotomachia Poliphili di Frate Colonna, alle idee non concretate di Francesco Borromini e Filarete.
Poi, l’incontro con le figure che popolano la città, simboleggianti i diversi aspetti della psiche, porta gradualmente il visitatore a una maggiore consapevolezza di sé, in un metaforico percorso di rinascita che scende nelle parti più profonde e buie dell’inconscio per poi arrivare all’Acropoli, simbolo della piena realizzazione del Sé.
Dettaglio. Foto Alessia Ballabio
Veduta del colonnato. Foto Alessia Ballabio
Dettagli. Foto Alessia Ballabio
Lo stile che meglio interpreta l’ansia di licenza di Buzzi è il neo-manierismo che egli identifica anche nell’uso di scale e scalette in tutte le dimensioni, allungamenti di membrature architettoniche, varietà di modi alla rustica, un po’ di mostri, volute sproporzioni di alcune parti, statue verdi all’Arcimboldi, affastellamento di edifici, di monumenti, un che di labirintico che arriva a un certo surrealismo, di evocativo, di sinuoso, di antropomorfico, di geometrico, astronomico, magico.
Alla morte di Buzzi, nel 1981, la città era stata realizzata solo in parte ma, grazie agli schizzi lasciati, l’erede Marco Solari terminò l’opera. Ed è proprio il folle Marco Solari – così come lui si definisce – ad accompagnarvi nella visita, in un viaggio sempre diverso, alla scoperta della Scarzuola buzziana alternando spiegazioni dotte a fragorose risate. Sono due ore di un racconto fatto di frammenti di nozioni esoteriche, spirituali, religiose, astrologiche, politiche e di attualità, legate da un filo logico non sempre (volutamente?) comprensibile ma sicuramente affascinante ed indispensabile per muoversi tra le metafore dell’universo di Buzzi. Il viaggio comincia dal giardino dietro il convento che simboleggia le strade alternative che l’uomo può scegliere nel corso della propria esistenza. Il resto del percorso si snoda attraverso spazi generati da architetture simboliche.
Visite guidate solo su appuntamento. Foto Alessia Ballabio
Tomaso Buzzi (Sondrio, 30 settembre 1900 – Rapallo, 1981) è stato un architetto, progettista e arredatore italiano.
Dopo la laurea in architettura presso l’allora Regio Istituto Tecnico Superiore, oggi Politecnico di Milano, entrò nel 1927 a far parte dell’associazione per la diffusione nella casa delle moderne arti figurative “Il Labirinto” con Paolo Venini, Gio Ponti, Carla Visconti di Modrone, Emilio Lancia e Pietro Chiesa.
Nel corso degli anni venti e trenta, soprattutto nell’ambito della vicenda del Deco, Buzzi fu un progettista di chiara fama, uno degli architetti preferiti della più esclusiva borghesia milanese. Tra il 1932 e il 1934 diventò direttore artistico della Venini & C., per la quale ideò una serie di vasi dalle forme classiche, ottenuti attraverso l’elaborazione di tecniche tradizionali.
Collaboratore di Gio Ponti, contribuì nell’organizzare diverse manifestazioni nazionali ed internazionali di carattere artistico, tra le quali la Triennale di Milano e la Mostra nazionale dello Sport.
La Scarzuola nel verde dell’Umbria. Foto Alessia Ballabio