Inizialmente era una semplice vetrina di una trattoria. Poi, nel maggio del 2012, l’intuizione di Caroline Corbetta ha trasformato il Crepaccio nella più piccola galleria d’arte di Milano. Anche se, a ben vedere, definirla galleria non è del tutto corretto; diciamo più che altro una vetrina per giovani artisti emergenti.
Tutto parte dalla necessità di dare visibilità a chi, in tempi di crisi e austerità, la visibilità non può permettersela. Circuiti istituzionali e gallerie restano appannaggio di molti, ma approdo per pochi. Come fare, allora, per farsi conoscere?
Basterebbe poco, un piccolo spazio, una vetrina forse.

Da qui l’idea di Caroline Corbetta, in accordo con i proprietari della trattoria, di offrire una delle ampie finestre del locale in via Lazzaro Palazzi come vetrina di lancio per giovani artisti. Basta cambiare due lettere e lo storico Carpaccio diventa Il Crepaccio: una fenditura all’interno dei consolidati ingranaggi elitari e commerciali del mondo dell’arte.
Quaranta centimetri di profondità per due metri di larghezza. Non si compra, non si vende; sei su strada non scegli chi ti viene a vedere. Esibizionismo puro.

La formula del Crepaccio punta tutto sulla velocità e facilità di fruizione. Un artista espone un solo intervento (non in vendita) in uno spazio visibile solo dalla strada. Esaurito il tempo a disposizione, la vetrina passa ad un altro. Il tutto nella totale libertà: è lo stesso artista che sceglie cosa e come esporlo. Uno spazio che si apre anche a designer, scrittori e creativi che non hanno una galleria alle spalle, ma che sicuramente hanno qualcosa da dire.
