Giulio Paolini. Del Bello ideale

Fondazione Carriero presenta “Giulio Paolini. del Bello ideale”, una mostra a cura di Francesco Stocchi, organizzata in collaborazione con l’artista, con interventi della scenografa Margherita Palli.

La mostra ripercorre l’intera produzione artistica di Giulio Paolini, artista concettuale dalla longeva carriera (57 anni). Le opere esposte offrono un assaggio dell’evoluzione della sua ricerca e una chiave per la rilettura della sua produzione. Il focus attorno a cui ruota la mostra compare nel titolo “Del Bello ideale”:

“Tempo fa, era il 1978, intitolavo un ciclo di opere di allora Del bello intelleggibile, eccomi ora sulla soglia del Bello ideale…perché tanta insistenza, quasi accanimento su qualcosa come l’idea di bellezza, sempre in fuga, mutevole e comunque refrattaria a ogni possibile definizione? Che altro c’è d’altronde che meriti altrettanta dedizione, che consenta l’esilio da tutto il resto? L’arte è gioco capace di prevalere su ogni altra prospettiva di conoscenza, di annullare perfino lo stesso istinto di sopravvivenza: un gioco pericoloso in grado di porre il veto su ogni altra visione del mondo. Sì, perché è la bellezza che ci guarda, non siamo noi a riconoscerla e a poterla osservare. Come tutto ciò che sfugge ogni possibile considerazione o giudizio, il Bello ci provoca, difende il segreto della sua impenetrabilità.”

Giulio Paolini, Saffo, 1968. Credits: Francesca Viganò

Emerge l’insistenza sul concetto di Bello come dimensione filosofica, come orizzonte a cui tendere ed entità a sé, che l’uomo può solo riconoscere, ma che non riesce a dominare. Il Bello diviene un concetto e come tale è indagato dall’artista, spesso attraverso citazioni di opere d’arte antica. Paolini traspone così l’opera su un piano di riflessione puramente concettuale, che contraddistingue la sua ricerca.

Giulio Paolini, Monogramma, 1965. Credits: Francesca Viganò

Il ritratto e l’autoritratto divengono un tutt’uno con l’opera e i mezzi della pittura, le tele e le fotografie sono in grado di descrivere l’autore, che compare per sottrazione. Una seconda sezione “In superficie” indaga il tema della prospettiva nelle sue varie declinazioni, dall’indagine sulla linea alla simbologia dell’orizzonte fino all’uso della specularità e della ripetizione come strumenti di analisi dello spazio e del tempo. La prospettiva viene interpretata nella sua chiave razionale e matematica, come mezzo per poter comprendere e rappresentare il mondo.

Giulio Paolini, Mimesi, 1975. Credits: Francesca Viganò

Infine la poetica del Bello emerge con forza nell’ultima sala, che accoglie citazioni dell’arte classica. “Uno di due” rappresenta una selezione di lavori che indagano il rapporto tra il mito e la classicità, emblemi di quella bellezza ideale che crea una distanza apparentemente incolmabile tra opera d’arte e osservatore.

Giulio Paolini, Et quid amabo nisi quod aenigma est?, 1969-70. Credits: © Giulio Paolini /Foto © Paolo Mussat Sartor. Courtesy Fondazione Giulio e Anna Paolini, Torino

Giulio Paolini nasce a Bergamo, nel 1952 si trasferisce con la famiglia a Torino, dove frequenta l’Istituto Tecnico Industriale Statale per le Arti Grafiche e Fotografiche. Nei primi anni sessanta sviluppa la propria ricerca focalizzando l’attenzione sui componenti stessi del quadro, sugli strumenti del pittore e sullo spazio della rappresentazione. Nella sua prima mostra personale, nel 1964 a Roma alla Galleria La Salita di Gian Tommaso Liverani, presenta una serie di pannelli di legno grezzo appoggiati alla parete, che suggeriscono l’idea di una mostra in allestimento. L’esposizione è visitata da Carla Lonzi e Marisa Volpi, che di lì a poco scriveranno i primi testi critici sul giovane artista. Nel 1965 Paolini introduce la fotografia, che gli consente di estendere la propria indagine alla relazione tra autore e opera.

Tra il 1967 e il 1972 il critico Germano Celant lo invita a partecipare alle mostre sull’Arte Povera, che sanciscono l’associazione del suo nome a questa tendenza. Tuttavia Paolini dichiara ripetutamente la sua intima appartenenza alla storia dell’arte e si identifica in modo programmatico con gli artisti che lo hanno preceduto. Tra i principali riferimenti di questi anni figurano Jorge Luis Borges, cui rende più volte omaggio, e Giorgio De Chirico. Paolini è oggi riconosciuto come il maggiore esponente italiano dell’arte Concettuale. Fondazione Carriero ha puntato l’attenzione su tale corrente artistica, a partire dalla mostra “Between the lines” dell’artista americano Sol LeWitt, tra arte concettuale e minimale.


SCADE IL 10 FEBBRAIO
Fondazione Carriero
Via Cino del Duca, 4
Milano, ingresso gratuito

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