Una figura complessa quella di Gianni Piacentino (Torino, 1945), che fin dai suoi esordi non si fece inscatolare in un movimento artistico preciso, ma operò, secondo la lettura inedita di questa mostra a cura di Germano Celant, una sintesi tra Pop art e Minimal art.
“Al centro del mio lavoro c’è sempre la rilevanza del controllo tecnico e matematico. Non mi lascio sedurre dal rimosso e dalle pulsioni” G. Piacentino
Gianni Piacentino, Fondazione Prada, foto di Valeria Corbetta
La mostra ospitata nel Podium della Fondazione Prada, conta più di 90 opere, dalle più recenti del 2015 fino ai lavori datati 1965, secondo una cronologia discendente per meglio apprezzarne la ricerca.
“Il suo pseudo-minimalismo ingannava tutti – ha ammesso Renato Barilli nel catalogo della sua prima personale al Castello di Rivara, nel 1988 – compreso Sperone, che allora non aveva affatto le idee chiare (credo) su cosa fosse in realtà l’Arte Povera, la nuova situazione emergente; in essa egli scorgeva, appunto, l’aspetto minimalista di una geometria ridotta all’osso; e forse anche Celant, in quell’ora zero, nutriva gli stessi equivoci; sfuggiva a entrambi la componente informale che sarebbe entrata nel composto finale.”
Gianni Piacentino, Fondazione Prada, foto di Valeria Corbetta
La ricerca di Piacentino si avvia in un contesto culturale e artistico caratterizzato da un crescente distacco dal soggettivismo che aveva animato l’Action Painting e l’Informale e dallo sviluppo di un nuovo linguaggio visivo che trova una risposta nel mondo della velocità e dei mezzi di trasporto come l’automobile, la moto e l’aereo, che pur non appartenendo all’arte pura, sono la testimonianza di un’estetica industriale.
Durante il suo percorso, Piacentino ha dato origine ad un processo creativo che ha le sue radici nel processo industriale basato sul calcolo e la concentrazione, generando un’arte a cavallo tra ingegneria e design senza però perdere di vista i temi più alti dell’arte: il sublime e l’assoluto rivelati nei dettagli.
Gianni Piacentino, Fondazione Prada, foto di Valeria Corbetta
“È in questo clima storico di oscillazione tra arte e design, – come spiega Germano Celant – tra artigianato e industria, tra utile e inutile, tra unicità e serie, che si colloca il contributo di Piacentino, le cui alterità e unicità risiedono proprio nella dialettica tra le due polarità. Sin dal 1966 le sue sculture approdano a un risultato trascendente l’oggetto funzionale, sebbene quest’ultimo rimanga riconoscibile come possibile entità industriale e dalle caratteristiche decorative, perché derivate da una cultura intrisa di scienza applicata, di esperienza artigianale, di precisione meccanica e di processi strumentali di alta ingegneria”.
Gianni Piacentino, Fondazione Prada, foto di Valeria Corbetta
Gianni Piacentino, Fondazione Prada, foto di Valeria Corbetta
Gianni Piacentino, Fondazione Prada, foto di Valeria Corbetta
Gianni Piacentino, Fondazione Prada, foto di Valeria Corbetta
Gianni Piacentino, Fondazione Prada, foto di Valeria Corbetta
Un approccio solo in apparenza freddo e calcolatore ma che come sottolinea Barilli svela anche una colta sensibilità estetica: “Con Piacentino, l’artista riprende tutte le sue prerogative, si afferma come artigiano, come artefice, come datore di un valore aggiunto, tale che il suo ruolo comincia esattamente dopo la natura, nella misura in cui riesce a migliorarla, a lavorarla. I viola e i rosa della tavolozza di Piacentino, appartengono a quella gamma aristocratica che è sempre stata esibita in tutti i momenti in cui l’arte ha voluto farsi preziosa; basti pensare al Manierismo”.
SCADE IL 10 GENN
Gianni PiacentinoFondazione PradaLargo Isarco 2, MilanoTutti i giorni: 10.00 – 21.00Ingresso intero: 10 euro
Per info su mostre e novità:
www.fondazioneprada.org