Armani Silos presenta Fabula di Charles Fregér, una mostra unica nel suo genere, in cui una fotografia limpida e iconica ritrae uniformi, abiti di atleti, ma anche rituali e travestimenti. Nelle foto predomina una luce cristallina, colori molto accesi e una ricerca capillare e totalizzante che coinvolto l’artista in numerosi viaggi e nella partecipazione diretta ad alcune manifestazione per comprenderne a fondo il loro valore.
foto Valeria Corbetta
La mostra, visitabile fino al 24 marzo, racchiude una sintesi di espressioni estetiche molto diverse tra loro accomunate dal comune accesso ad un’identità non più individuale, ma di gruppo, che rafforza l’uomo e lo rassicura rispetto alle sue paure più profonde.
In ciascuna serie Fréger, quasi come un antropologo, costruisce una codificazione progressiva di segni ed evidenzia il potere degli abiti come mezzo di comunicazione non verbale.
La ricerca del fotografo parte dal piccolo e dal locale per allargarsi nel corso degli anni fino a raggiungere una dimensione universale.
Nelle sue serie affianca i visi ancora indefiniti di giovanissimi pallanuotisti incorniciati dalle loro cuffie – Water Polo – ai barocchissimi elefanti colorati di Jaipur – Painted Elephans – dai soldati in alta uniforme appartenenti ai corpi di mezza Europa – Empire – agli uomini albero cantabrici Trapajones della fiesta La Vijanera di Siliò in Spagna o altre specie di uomini zoomorfi o simili a fantocci di paglia selvaggi immersi nelle nevi germaniche – Wilder Man –. Questi ultimi riti si svolgono soprattutto in inverno, hanno a che fare con il ciclo delle stagioni e hanno relazioni simboliche con il tema della morte.
L’inverno è un momento in cui si ha maggiormente coscienza della propria mortalità legata ai cicli della vita. I mezzi per sentirsi un tutt’uno con la natura o per affrontarla simbolicamente sono le danze e la riunione delle comunità in riti comuni, dalle origini antiche.
Rispetto alla serie Wilderman l’artista dichiara: