Costituito nel 1985 in via E. De Amicis, andando a occupare alcuni degli spazi dell’ex-convento seicentesco di S. Maria della Vittoria, il Centro Artistico Alik Cavaliere è stato per oltre dieci anni l’ultimo studio dell’artista.
Dal 1998, dopo la morte di Cavaliere e per volontà dei famigliari, il suo atelier apre al pubblico con lo scopo di raccogliere e conservare le sculture, i disegni, i quadri, gli scritti e i documenti (fotografici e non) utili a ricostruire i momenti significativi della ricerca artistica milanese della seconda metà del Novecento.
Centro Artistico Alik Cavaliere, veduta del pian terreno (foto di Miriam Sironi)
Il Centro Artistico Alik Cavaliere oltre ad ospitare eventi culturali, espone a rotazione le sculture dell’artista rimaste in possesso della famiglia, aggiungendo a ciò la peculiarità di poterle vederle inserite nel medesimo spazio in cui sono state originariamente pensate e create. L’importanza che il rapporto Uomo / Natura ha nella poetica artistica di Cavaliere ben emerge dalla stessa struttura dell’atelier in cui, soprattutto nel pian terreno, il confine tra interno ed esterno si fa labile, quasi inesistente. Nel piccolo giardino interno i suoi alberi da frutta in bronzo quasi si confondono con i veri alberi da frutto piantati, eliminando la distinzione tra artificio e realtà.
Centro Artistico Alik Cavaliere, visione del giardino interno (foto di Miriam Sironi)
Dopo un’infanzia nomade, in fuga tra Roma e Parigi, nel 1938 Cavaliere arriva a Milano. Qui ha la possibilità di formarsi all’Accademia di Brera dove, nel 1956, diventa assistente di Marino Marini per poi ereditare, anni dopo, la sua cattedra.
Inizialmente privo di un atelier in cui poter creare liberamente, i soldi per aprire il suo primo studio (condiviso con il pittore e amico Bobo Piccoli) li guadagna realizzando trucchi scenici per Miracolo a Milano di Vittorio De Sica.
Ben presto Cavaliere abbandona questo primo rifugio per affittare, nel 1962, un capannone in via Bocconi 15. Affiancato da un piccolo pezzo di terra, come racconta Gianni Biondillo “chi veniva a trovarti in via Bocconi ti vedeva intento a zappare l’orto, a cogliere i frutti sugli alberi, a dare da mangiare agli animali che ti zampettavano attorno – conigli, oche, gatti randagi – oppure a lavorare sulla soglia del capannone, ormai diventato un labirinto colmo di masserizie”. Ed è qui che si plasma la poetica artistica di Cavaliere che fa della Natura la sua protagonista: una natura labirinto, generante, lussuriosa, che inghiotte e distrugge, ma vivifica al contempo l’opera dell’uomo; una natura potente che costringe l’artista a riflettere ed interrogarsi sul loro inscindibile e antagonistico rapporto.
Centro Artistico Alik Cavaliere, veduta del primo piano (foto di Miriam Sironi)
Centro Artistico Alik Cavaliere, veduta del primo piano (foto di Miriam Sironi)
“Credo di aver fatto scultura sempre per necessità espressive, comunicative, estetiche, di linguaggio […] operando in maniera così dispersiva, spero di aver evitato di diventare uno specialista in un genere e non mi trovo quindi lo studio trasformato in un vasto deposito di oggetti artistici ben confezionati e riposti in scaffali, pronti alla vendita, a futuro prezzo programmato”.
Dopo circa 23 anni, la mattina del 17 Gennaio del 1985, a seguito di quella che è stata La nevica per eccellenza (oltre 70 centimetri di neve ricoprirono la laboriosa Milano immobilizzandola), il tetto dello studio di via Bocconi crolla.
Cavaliere rinizia così da capo, questa volta nell’ex-convento di S. Maria della Vittoria; un luogo che un po’ incute timore, così pregno di storia e resti artistici. Ma la presenza di quel piccolo giardino interno nascosto, un moderno hortus conclusus, non lascia spazio a dubbi: quello è il luogo giusto in cui coltivare nuovamente pensieri e opere, tra una pianta di limoni, un melo e piccole erbe amare.