La Fondazione Querini Stampalia a Venezia è una meta imperdibile per gli amanti dell’architettura, la sede è stata infatti oggetto di un importante restauro del piano terra e del giardino a opera dell’architetto Carlo Scarpa.
La Fondazione fu istituita nel 1868, quando il proprietario Giovanni Querini Stampalia stabilì che, dopo la sua morte, il palazzo dovesse diventare un museo e una biblioteca aperti al pubblico.
Fondazione Querini Stampalia, piano terra, foto Valeria Corbetta, Your own guide, 2021
Nel 1949 il Consiglio di Presidenza della Fondazione Querini Stampalia decide di dare inizio al restauro di alcune parti del Palazzo. Manlio Dazzi, direttore della Fondazione, affida a Scarpa il compito di restaurare una parte del piano terra e il giardino sul retro del palazzo, che si trovano in uno stato di abbandono e degrado, resi inutilizzabili dalle frequenti invasioni dell’acqua alta. Il progetto è realizzato sotto la direzione di Giuseppe Mazzariol, che proprio in questi spazi decide di collocare le nuove sale destinate ad esposizioni, convegni ed altre iniziative.
L’intervento di restauro di Scarpa si basa su un misurato accostamento di elementi nuovi e antichi e su una grande maestria nell’uso dei materiali.
L’acqua è protagonista: dal canale su cui si affaccia il palazzo, entra nell’edificio attraverso canalizzazioni che corrono lungo i muri interni; per poi sfociare in un piccolo canale in giardino, ai cui estremi si trovano due labirinti scolpiti in alabastro e pietra d’Istria, e in un’ampia vasca a più livelli in rame, cemento e mosaico.
L’opera si articola su quattro temi: il ponte, uno tra i più leggeri realizzati a Venezia negli ultimi secoli; l’entrata con le barriere di difesa dalle acque alte; il portego (cioè il salone da ricevimento) e il giardino.
Fondazione Querini Stampalia, piano terra, foto Valeria Corbetta, Your own guide, 2021
Fondazione Querini Stampalia, vetrata verso il giardino di Carlo Scarpa, foto Valeria Corbetta, Your own guide, 2021
Fondazione Querini Stampalia, dettaglio delle “Scale scultura”, foto Valeria Corbetta, Your own guide, 2021
La prima singolare decisione che prese Scarpa fu di non utilizzare per l’ingresso la porta sulla stretta calle laterale, ma una finestra. Disegnò quindi un nuovo ponte, per congiungere attraverso un unico segmento di arco la riva e l’ingresso a diverse altezze, e ampliò quindi il vano della finestra per consentirne il passaggio.
Arrivando dal campo, si salgono due gradini in pietra bianca, che sostengono le putrelle in acciaio, su cui poggiano a loro volta i gradini di legno e il tratto centrale inarcato. Il corrimano in legno a sezione ovale, presenta – con echi della cantieristica navale – inserti in rame alle estremità e nei punti di curvatura. In un labirintico gioco di dettagli in perdersi piacevolmente.
Entrando la scala si sviluppa verso destra, il pavimento è interamente ricoperto con un mosaico di tessere marmoree policrome, le pareti sono rivestite con pannelli in stucco montati su telai di acciaio distanziati dal muro originale del palazzo storico, per favorirne la ventilazione e contrastare l’umidità, ma al contempo per dialogare in modo inaspettato con la struttura originaria.
La stanza è circondata da un alto zoccolo in pietra che prosegue fino alla sala attigua, formando una passerella. Qui si rivela un’altra interessante invenzione dell’architetto: invece di creare uno sbarramento per l’acqua alta, le forme architettoniche la accolgono, consentendole di penetrare nella stanza e inondare l’area intorno, garantendo comunque il passaggio all’asciutto. Un ambiente polisensoriale in cui i suoni prodotti dall’acqua e le luci che si riflettono sulle architetture, avvolgono i visitatori in un’esperienza totalizzante, mentre l’acqua va lentamente inondando le “scale scultura” visibili dal camminamento, che sprofondano nel canale. Il limite tra esterno e interno, tra elemento naturale e architettura, vengono così confusi dal ritmico sciabordio delle onde.
Proseguendo si accede quindi alla sala principale del piano terra, utilizzata per mostre e conferenze, caratterizzata da un volume parallelepipedo in acciaio e vetro dietro cui si celano i radiatori – posizionati in alto per proteggerli dall’acqua – i cui tubi di mandata e ritorno diventano parte integrante del disegno architettonico. La pavimentazione è in lastre di calcestruzzo lavato che risvolta sulle pareti. La parte superiore delle pareti è rivestita con lastre in travertino in cui sono incassate le guide di rame e le lampade.
Altra curiosità è la scala che porta al primo piano, che Scarpa ha rivestito con nuove pedate e alzate in pietra che però rimangono scostate dal muro svelando la scala originaria. In un rispettoso e colto dialogo tra architettura storica e contemporanea.
Dalla sala, una vetrata guarda sul cortile che Scarpa ha trasformato in giardino. La ripartizione concepita dall’architetto non corrisponde alla suddivisione originaria con due colonne centrali. Uscendo all’esterno la vetrata risulta infatti tripartita: la parte destra incornicia un capitello posto su una base di cemento, la porta centrale vetrata priva di profili delimita le colonne storiche e quella di sinistra racchiude infine una statua di leone.
Guardandosi intorno, poco a poco, si scoprono i numerosi dettagli che compongono il giardino: per prima cosa il canale d’acqua che corre parallelo al muro, che passando sotto al leone, termina in un gocciolatoio accanto a una vera da pozzo, cioè la balaustra di protezione chiusa attorno al foro di un pozzo. L’acqua proviene da una piccola vasca in marmo all’estremità opposta, dove essa compie diversi giri in piccole canalette prima di riversarsi nella vasca principale. Il percorso sale lentamente fino al livello superiore e termina in una fontana quadrata, accanto a un muro in calcestruzzo decorato con un intarsio di tessere in mosaico.
Tra il 2006 e il 2008 l’area Carlo Scarpa è stata oggetto di un rigoroso intervento conservativo.
Fondazione Querini Stampalia, ingresso dal ponte di Carlo Scarpa, foto Valeria Corbetta, Your own guide, 2021
Fondazione Querini Stampalia, dettagli piano terra, foto Valeria Corbetta, Your own guide, 2021
Fondazione Querini Stampalia, dettagli giardino, foto Valeria Corbetta, Your own guide, 2021
Fondazione Querini Stampalia, dettagli giardino, foto Valeria Corbetta, Your own guide, 2021
Carlo Scarpa
Nato nel 1906 a Venezia, Scarpa studia all’Accademia di Belle Arti. Nel 1926 ottiene l’abilitazione in Disegno Architettonico e inizia a collaborare all’Istituto Universitario di Architettura (all’epoca chiamato Istituto Superiore di Architettura di Venezia), in veste di assistente. Negli anni successivi, la sua carriera si divide tra la realizzazione di arredi e di interni domestici e la collaborazione con la vetreria di Paolo Venini, iniziata nel 1932 e proseguita con la nomina di Scarpa a direttore artistico.
La prima opera architettonica significativa del progettista arriva nel 1935: si tratta di interventi su alcuni edifici dell’Università Ca’ Foscari. Il progetto, che lo stesso Scarpa riprenderà nel 1957 modificandolo ulteriormente, dimostra la grande sensibilità dell’architetto per gli interventi in edifici storici. Con una grande attenzione al rapporto tra i nuovi materiali introdotti e quelli preesistenti nell’edificio del Rettorato e dell’Aula degli Atti Accademici, dà avvio a una serie di ragionamenti che saranno presenti in numerosi progetti della sua carriera: per Scarpa, il progetto sul patrimonio costruito va affrontato con soluzioni che mostrino il gesto contemporaneo ma che allo stesso tempo siano perfettamente calibrate sulle caratteristiche dell’esistente.
In seguito, Scarpa riceve l’incarico di rinnovare l’allestimento delle Gallerie dell’Accademia a Venezia e, nello stesso periodo, avvia una collaborazione con la Biennale progettando prima l’allestimento della mostra di Paul Klee (1948) e in seguito il Padiglione del Libro (1952) collocato nei Giardini, che risente fortemente dell’influenza dell’architettura di Frank Lloyd Wright. Il sodalizio con la Biennale prosegue negli anni con altri progetti: il Giardino delle Sculture nel padiglione centrale dei Giardini e successivamente, Scarpa il Padiglione del Venezuela della Biennale.
Non limitandosi unicamente alla collaborazione con la più nota istituzione culturale veneziana, l’interesse per la museografia e per gli allestimenti è costante nella produzione scarpiana. Tra i progetti più importanti dell’architetto vi sono infatti l’ampliamento della Gipsoteca Canoviana a Possagno (1956-1957), la Fondazione Querini Stampalia (1961-1965) a Venezia e il restauro del museo di Castelvecchio a Verona (1964).
Una serie di interventi (in questo caso prevalentemente costruzioni ex-novo) che mostrano temi ricorrenti nelle diverse fasi della carriera dell’architetto sono le ville. Ricordiamo Villa Zoppas a Conegliano (1953) e Villa Veritti a Udine (1955-1961), ma il progetto che dimostra in modo più completo le idee di Scarpa su questa tipologia architettonica è Villa Ottolenghi a Bardolino (1974-1978).
In generale, è possibile affermare che gli ultimi venti anni della carriera di Scarpa (1958-1978) siano stati quelli nei quali si sono concentrati i progetti di maggior complessità e raffinatezza formale. Ciò è dovuto non solo alla crescita personale ma anche a un accrescimento della fama del progettista: nel 1956 vince il Premio Nazionale Olivetti per l’architettura – e nello stesso anno l’azienda gli commissiona lo spazio espositivo in Piazza San Marco a Venezia – e da questo momento inizia a lavorare per una committenza che gli concede più risorse e soprattutto più libertà nelle scelte progettuali.
L’evoluzione dei principi dell’architettura scarpiana raggiunge il culmine con uno dei progetti più noti: la Tomba Brion.
A partire dal 1969, Scarpa si reca più volte in Giappone; il suo interesse per la cultura di questo paese va oltre l’architettura: secondo la visione del progettista, la società giapponese – che preserva tradizioni e cerimonie immutate da secoli – è un modello di eleganza e di rigore che si rispecchia nei principi spaziali che ha sviluppato nel corso del tempo. L’architettura giapponese, che Scarpa studia sin dagli anni della sua formazione, assegna un ruolo fondamentale al rapporto tra dettaglio architettonico e opera complessiva (in particolar modo nello studio dei nodi strutturali degli edifici in legno) e, soprattutto negli edifici tradizionali, mette spesso al centro il rapporto tra uomo e natura. Leggi di più


