È il 1860 e siamo a Novara, al caffè dell’Amicizia. Il nostro uomo è Gaspare Campari e il protagonista della storia una bibita rossa che, con il passare del tempo, diverrà celebre in tutto il mondo.
E’ così, infatti, tra i banconi di un piccolo bar di provincia che nasce il Campari, l’aperitivo che dal 1862 trova casa sotto i portici della Galleria Vittorio Emanuele a Milano.
Dopo anni di alterne vicende economiche, consumatesi tra Torino e Novara, Gaspare Campari decide di aprire il Caffè Campari a Milano, all’angolo tra piazza Duomo e quella che, di lì a poco, diverrà la Galleria Vittorio Emanuele II. Da subito apprezzato dai milanesi il caffè si amplierà al punto tale da diventare bar-ristorante oltre che punto di ritrovo di politici, artisti, letterati e industriali del tempo (abitué del Campari erano, tra gli altri, Correnti, Cattaneo, Turati, Mussolini, Cremona, Boito, Praga e Marinetti).


Alla morte di Gaspare è la moglie Letizia a prendere in mano le redini dell’attività di famiglia, per consegnarla nel primo decennio del Novecento al figlio Davide che, nel 1915, inaugura il Camparino “un bar di passo, un bar in piedi, senza tavolini”, come cominciava ad usare in quegli anni. Aperto proprio dirimpetto al più noto e blasonato Caffè Campari, il Camparino si fa subito apprezzare per il suo piglio giovane e per offrire quel “bitter ghiacciato al punto giusto”, cosa rara in un tempo in cui i frigoriferi erano ancora una rarità e il ghiaccio veniva ancora consegnato a spalla ai vari caffè.

Divenuto ormai uno dei simboli della città di Milano e apristrada della moda dell’aperitivo, l’iniziale arredo in stile impero viene sostituito da quello liberty ad opera dell’ebanisteria di Eugenio Quarti e di Angelo d’Andrea al quale viene affidata la decorazione in mosaico sulle pareti, dove piante rampicanti fiorite e stilizzate dalle quali spuntano colorati pappaglli, riprendono lo stile della scuola secessionista di Vienna.
Col passare del tempo il marchio Campari attira su di sè la curiosità di artisti che si offrono di curarne e diffonderne l’immagine pubblicitaria. Il sodalizio vincente è quello che, nel 1932, Davide Campari stringe con Fortunato Depero al quale affida l’ideazione della bottiglia per il primo aperitivo monodose: il Camparisoda. Nacque così l’ormai celeberrima bottiglia conica (a forma di calice rovesciato) che da allora è il simbolo di riconoscimento indiscusso del Campari.
A questo, nel corso dei decenni, seguono numerosi progetti di pubblicità e di design che proseguono la fortunata sinergia che intercorre tra il marchio Campari ed il mondo dell’arte, culminanta lo scorso anno con l’iniziativa Red Revolution 2.0 durante la quale undici street artist milanesi hanno riqualificato i muri della storica sede del Campari, aperta a Sesto nel 1904.
Camparino
Galleria Vittorio Emanuele
Milano