È bastata una sola mostra – allestita tra il marzo e l’aprile del 2007 – a rimettere in discussione l’intero panorama artistico milanese. Voluta e caldamente sostenuta dall’allora assessore della cultura Vittorio Sgarbi, l’esposizione Street art sweet art ha segnato un punto di non ritorno nel panorama artistico contemporaneo, intaccando le solide posizioni della critica benpensante e cambiando le sorti di una pratica artistica fino ad allora ingiustamente osteggiata ed etichettata come non arte.
Il cambiamento era già nell’aria pochi mesi prima quando lo stesso Sgarbi aveva definito il Leoncavalllo “la Cappella Sistina di Milano”; una definizione che forse potrà far storcere il naso ai più, ma che già era sintomo di un risolutivo riscatto nei confronti della streetart. La consacrazione ufficiale di questa pratica, però, è stata ammettere la schiera di writers di vecchia e nuova leva all’interno di un’istituzione museale pubblica – il Padiglione d’Arte Contemporanea – in modo che anche il pubblico più scettico potesse rivalutare positivamente il loro operato.
Blu, Ericailcane (foto Miriam Sironi)
Quello che rimane oggi a suggellare quella rivoluzione è la parete d’ingresso del PAC, realizzata dai due artisti emiliani Blu ed Ericailcane, in occasione della mostra Street art sweet art.
A differenza della maggior parte degli interventi su muro, l’opera non è realizzata con vernice spray (tipico medium del writing tradizionale), ma con la tecnica del pasteup; le figure sono state infatti precedentemente realizzate su carta con vernici a tempera e successivamente attaccate alla parete con l’uso di rulli montati su bastoni telescopici, una pratica che Blu aveva già adottato a partire dal 2001 e che consente ingrandire smisuratamente la superficie pittorica creando un maggior coinvolgimento da parte del pubblico.
Inizialmente estesa per tutta la lunghezza della facciata, oggi se ne conserva solo la parte destra, che si presenta come una sorta di bestiario contemporaneo dal sapore gotico e noir. Le grottesche figure di umanoidi – ispirate al mondo dei fumetti e degli arcade games – di Blu, si fondono con gli altrettanto inquetanti animali umanizzati di Ericailcane, nella fattispecie maiali, scimmie ed elefanti. Gli uni e gli altri sono rappresentati in atteggiamenti debosciati, intenti a tirar di coca o a realizzare quadri destinati ad essere venduti (qualcuno fa addirittura spuntare il suo fondo schiena dalla tela). Uno spaccato ironico e critico nei confronti della società e di un sistema dell’arte corrotto e in mano a pochi esaltati.
Blu, Ericailcane (foto Miriam Sironi)
Blu, Ericailcane – dettaglio (foto Miriam Sironi)