BEYOND THE OBJECT collettiva di: Aaron Aujla | Gabriele Beveridge | Andy Boot | Sophie Bueno-Boutellier | Sarah Crowner | Robert Davis | Michael DeLucia | Tomas Downes | Ed Fornieles | Raphael Hefti | Julian Hoeber | Parker Ito | Sachin Kaeley | Barbara Kasten | Sean Kennedy | Jason Kraus | James Krone | Daniel Lefcourt | Tony Lewis | Lloyd Corporation | Andrea Longacre-White | Marie Lund | Dave McDermott | Matthew Metzger | Carter Mull | David Ostrowski | Virginia Overton | Michael Part | Hayal Pozanti | Noam Rappaport | Davina Semo | Lucien Smith | Chris Succo | Mika Tajima | Oscar Tuazon | Artie Vierkant | Emily Wardill & LOVE AT LAST SIGHT personale di Nazafarin Lotfi
Il termine Anti Form, coniato da Robert Morris alla fine degli anni Sessanta, segna l’abbandono del concetto tradizionale di produzione artistica: una sfida che ha catalizzato l’attenzione verso nuovi modelli estetici dove i materiali di realizzazione, posti al centro, diventano l’elemento principale del processo di formazione dell’opera e primariamente viene meno la necessità, propria del Minimalismo, di programmare anticipatamente l’impostazione del lavoro. L’antiforma racchiude intorno a se tutti gli esponenti dell’omonimo movimento e radicalmente contesta la pretesa di attribuire un significato accessorio a ciò che semplicemente rimane un oggetto e nient’altro. Un’arte che punta ad una pura visualizzazione dell’oggetto ed tende verso l’eliminazione di allusioni e significati nascosti. Le idee riformiste divulgate attraverso il manifesto Anti Form, allora considerate sovversive, si traducono oggi nelle teorie su cui si basa un’arte sempre più globalizzata e la Brand New Gallery di Milano parte proprio da questi presupposti per presentare Beyond the Object, una collettiva concepita per mettere in relazione opere di artisti diversi per origine e generazione, che allo stesso modo si trovano necessariamente a confrontarsi con la produzione dell’oggetto, esplorando l’interazione tra la costruzione e la forma che diviene un archetipo investito di un linguaggio proprio. Gli artisti adoperano un linguaggio post minimalista, talvolta pittorico, in altri casi più vicino all’installazione e all’assemblaggio di materiali d’uso quotidiano, per sottolineare il ruolo esperienziale dell’arte come strumento per suscitare nuove possibilità di percezione nello spettatore. L’atto della creazione coincide con il processo di produzione. La relazione fra lo spazio reale in cui si muove lo spettatore e il corpo fisico dell’opera sono aspetti sempre più importanti per questi artisti, che invitano il pubblico ad interagire con il loro lavoro, in un dialogo fisico che consenta una conoscenza più approfondita dell’oggetto.
In contemporanea Brand New Gallery presenta Love at last sight, prima personale italiana di Nazafarin Lotfi che raccoglie una selezione di lavori inediti appositamente realizzati per lo spazio milanese. Visivamente le opere presentate rasentano la monocromia e la palette di colori è ridotta ai minimi termini, le superfici scure inghiottono la luce rinnegando ogni forma di visibilità e celano elementi eterogenei e fuorvianti, sottratti al loro impiego quotidiano. Geometrie e rigorosità manifestano l’interesse dell’artista per spazi vuoti e interruzioni che nascono da una formazione prevalentemente architettonica. Le opere di Nazafarin Lotfi raccontano come l’artista impone una distanza incolmabile fra sé e il suo lavoro, allontanandosi dalle origini del concepimento fino ad un punto estremo di non ritorno, affinché il vuoto possa essere colmato dalla presenza dello spettatore. La scultura esposte, così come i dipinti, è creata per mezzo di distruzione e rimozione: in questo processo l’opera non può mai definirsi completa e diviene, ossessivamente, il punto di partenza per un lavoro successivo, l’immagine rappresenta pertanto l’ultima azione compiuta dall’artista ma non la definitiva.
Beyond the object | Love at last sight Brand New Gallery via Carlo Farini 32, Milano Martedì – Sabato: 11.00 – 13.00 | 14.30 – 19.00 Ingresso gratuito www.brandnew-gallery.com |